L’editoriale di Marzo 2018: l’Apicoltura al bivio prima pagina Rivista Nazionale di Apicoltura by Apinsieme - 2018-02-242018-02-240 Marzo 2018. Due anni di Apinsieme. E sì, perché a marzo 2016 eravamo a Piacenza, a presentare il numero ZERO di Apinsieme, Rivista Nazionale di Apicoltura. Da allora ne abbiamo fatta di strada, Insieme, e quello che era un tenero germoglio si sta trasformando in un solido albero. Tanti i rami che abbracciano ogni settore dell’apicoltura. Però, non vogliamo parlare troppo a lungo di noi perché sarebbe retorico e anche autoreferenziale, considerato lo stato di salute in cui versa l’apicoltura italiana. Proprio per rimarcare la nostra differenza intendiamo, di contro, dire cose che potranno apparire politicamente scorrette. Tra le tante primeggiano i dati sulla mortalità invernale che sta colpendo gli alveari. E non si tratta certo di fantasie, ma di dati (si tratta di dati confermati anche da Istituti di ricerca e non solo di segnalazioni da parte degli apicoltori), che parlano di una mortalità che in alcuni areali tocca quota 50%. Si preannuncia un’ecatombe ulteriore? Siamo di fronte, in realtà, a un’ecatombe annunciata. E prevedibile. Prevedibile perché, se anche semplicemente si va a leggere quanto pubblicato sui social network si comprende, con grande chiarezza, che non pochi apicoltori poco sanno di patologie apistiche e della loro gestione. E non solo trascurano l’argomento, ma pretendono di sapere. E non finisce qui. Ce ne sono di numerosi che pretendono che cose che non funzionano, funzionino perché sono “naturali” o perché sono consigliate dal guru di turno che apre a prospettive alternative di lotta alla Varroa, senza che siano supportate da alcun fondamento scientifico. Ora è chiaro che laddove vi è improvvisazione vi sono poi brutte sorprese. Notizie nuove? Macché, da anni che alcuni di noi affermano che l’apicoltura arriverà a un punto di svolta in cui non potrà più essere un’attività accessibile a chi non ha un’adeguata formazione tecnica: la complessità del quadro sanitario e nutrizionale che interessa gli alveari è tale che o se ne prende atto, ci si informa e ci si adegua, oppure è meglio cambiare mestiere. Non sarà democratico, sarebbe bello fosse tutto per tutti, ma è così. Chi vuole restare deve prima capire, e si capisce qualcosa di patologie degli alveari solo dopo un bel lavacro di umiltà, dopo un azzeramento salutare di tante sciocchezze inutili, e dopo tanto studio e osservazione sul campo. È un po’ come quanto è accaduto in altri settori economici: la crisi passata (e presente) è servita a fare un po’ di pulizia e molte imprese hanno chiuso perché non al passo con i tempi, non competitive, non all’avanguardia rispetto a tecnologie, ricerca e sviluppo. Nel nostro settore accade più o meno la stessa cosa: sono cambiati i tempi e le imprese si devono adeguare! Sono cambiati per cause biotiche e abiotiche, per diversi fattori, ma tutti questi fattori, in testa patologie e fitofarmaci, obbligano – e sottolineiamo obbligano – l’apicoltore che vuole seriamente e con successo svolgere questa attività, ad attrezzarsi culturalmente. Perché se pensiamo di fronteggiare queste emergenze sanitarie ed epidemiologiche (tali sono) continuando a raccontarci favole o a fare discorsi oziosi sulle api e sui suoi parassiti, come se ne sentono fare anche dai “fari” del nostro settore, finiremo con l’andare a sbattere contro un muro. Questa è la cruda verità che nessuno dice perché si urta l’amor proprio di tanti che stanno in cattedra da decenni, così come offende l’amor proprio di molti apicoltori che si credono impeccabili. Tutti i nuovi patogeni concorrono a complicare maledettamente il lavoro dell’apicoltore che continua a fare qualcosa – spesso male – solo rispetto alla Varroa, senza collocarla in un contesto sanitario più complesso, in cui i patogeni interagiscono. E interazione non vuol dire semplicemente somma di patogeni, ma significa moltiplicazione degli effetti negativi. Queste cose si sanno ormai da anni, è da anni che la ricerca scientifica le ribadisce, ma l’apicoltore medio continua ad attendere sintomi conclamati, ignorando che molte patologie possono essere asintomatiche e che quando compaiono i sintomi non si può fare più nulla. Ma noi sappiamo che questi patogeni sono ubiquitari, quindi nelle nostre famiglie ci sono, al di sotto di una soglia critica, forse, ma ci sono. Ed è nostro dovere che restino sotto questa soglia. Massimo Ilari, Luca Tufano, Enrico Pasini, Francesco Colafemmina Share on Facebook Share Share on TwitterTweet Send email Mail Print Print