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Fiori e fioretti. Editoriale maggio 2021

L’editoriale di Maggio 2021, di Massimo Ilari

Maggio è il mese dei fiori e delle fioriture. Un mese importante per gli apicoltori: ne va del raccolto dell’anno in corso.

Ma maggio è anche – ora in tono minore – il mese dei Fioretti.

E che cosa sarebbero questi Fioretti? Beh, il 31 maggio ragazzi e ragazze, all’oratorio o in un istituto religioso, ponevano in un braciere una letterina accompagnata da una richiesta personale, da buone intenzioni e da una preghiera.

Solo quando tutte le letterine finivano nel braciere venivano bruciate.  E allora? Beh, il fumo saliva in cielo finendo così in alto da arrivare direttamente all’attenzione della Madonna, maggio è il mese di Maria, che avrebbe letto richieste e buone intenzioni. Quest’anno abbiamo fatto così anche noi, richiedendo uno stop ai pesticidi tossici e ponendo sul piatto l’attenzione verso il nostro settore e sulla qualità del Miele Italiano.

È chiaro che peroriamo la causa del Miele Italiano, anche se Luis Sarti, un apicoltore spagnolo, ci fa notare che sarebbe più giusto parlare di Miele, come prodotto.

E ci apostrofa: «E che avrebbe di sbagliato il Miele Spagnolo di Qualità?». Tutto giusto, ma è chiaro che in Italia teniamo di più al Miele Italiano e ai nostri prodotti, come fanno, giustamente, tutti gli altri Paesi. Siamo malati di autarchia? E no, dobbiamo sopravvivere! Il 100% italiano è un nostro fiore all’occhiello e ci sembra più che giusto sponsorizzarlo. Purtroppo, non siamo autosufficienti anche per quanto riguarda il miele: ne produciamo assai meno di quanto ne consumiamo e ciò porta inevitabilmente al consumo di Miele che italiano non è.

In più, a ben guardare, non siamo neppure dei grandi consumatori.

Qui le cifre sono ballerine. La prova?

Ci basiamo su una recentissima inchiesta di Altroconsumo, associazione per la tutela e difesa dei consumatori, assumiamo 500 g di miele pro-capite l’anno (150 g finiscono nell’industria dolciaria), il 35% in meno rispetto alla media europea.

In Germania, tanto per fare un esempio, il consumo è di 1,5 kg l’anno. Ma anche l’Europa è in deficit produttivo: il miele che si deve importare per soddisfare il proprio fabbisogno ammonta al 40% dei consumi.

Chi sono i principali fornitori?

Cina e Ucraina. La Cina, primo produttore al mondo, ne produce 444 migliaia di tonnellate.

È  imperativo dunque, per quanto riguarda l’Italia, incrementare il numero degli apicoltori e spingere anche tanti giovani e non verso il mestiere di apicoltore.

Sono le Istituzioni che dovrebbero farsi carico di questo salto produttivo, impiegando fondi per veder realizzare il progetto. E il momento è adatto, visto che il Recovery ci potrebbe mettere in grado di richiedere investimenti appropriati per il settore. Se le cose rimangono come sono ora il consumatore sarà costretto ad acquistare miele non italiano.

Se poi dovesse scegliere di incrementare la quota di consumo entrerebbe ancora più miele non italiano. Le cose stanno così, non se ne esce. Il Miele Italiano non c’è per tutti.

Perché ha senso oggettivamente valorizzare il Miele Italiano? In primis, in un mercato dei Mieli (che declina sempre più al plurale il prodotto), in cui dai tradizionali Millefiori dell’apicoltore/contadino si è passati negli ultimi decenni al monoflora dell’apicoltore/professionista, un Paese caratterizzato da un elevato tasso di biodiversità come l’Italia è giusto che rivendichi il proprio ruolo centrale nel mercato. Da questo punto di vista, ovvero dal punto di vista della biodiversità, l’Italia è in grado di produrre prodotti come Mieli estremamente diversificati con proprietà organolettiche altrettanto differenziate.

Tutto ciò è estremamente allettante per il consumatore, tutto ciò è noto al competitore straniero che, infatti, nonostante le nostre mancanze ci teme. Altro argomento a favore del mercato italiano è quello della sicurezza alimentare.

Al netto dei furbetti, l’Italia è un Paese che primeggia nel panorama enogastronomico internazionale per le capacità di fornire un prodotto genuino e sicuro per il consumatore.

Anche rispetto al HACCP, che accumuna tutti i paesi dell’Unione europea, l’Italia attraverso le sue molte Cooperative e Consorzi, oltreché grazie agli enti ispettivi, tende a darsi un prodotto che solitamente è soggetto a protocolli ancora più restrittivi di quelli comunitari.

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