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L’editoriale di Febbraio 2025: MA È VERO AMORE QUELLO PER API E AMBIENTE?

Non solo nei media generalisti ma anche in quelli del nostro settore si “strombazza” di quanto siano utili le api per il biomonitoraggio, delineando un quadro in cui vengono descritte come insetti preziosi per testare lo stato dell’ambiente. Si tratta di un modus operandi, però, che non porta cambiamenti sostanziali.
Sì, sembra tutto incentrato sulla forma e non certo sul-la sostanza. Le prove di quanto affermiamo? Non occorre andare molto lontano, bastano due Rapporti resi noti recentemente, a distanza di due mesi l’uno dall’altro. Entrambi fanno capo a Legambiente. È chiaro che non ce l’abbiamo con il biomonitoraggio, ma con il fatto che non si parta da ciò che dice per attuare dei cambiamenti. Il primo Rapporto è del dicembre 2024, l’altro del febbraio 2025.
Entrambi mostrano quanto sia farisaico il nostro atteggiamento nei confronti della salute di Api e Ambiente e di riflesso di tutti gli esseri viventi. Di fatto continuiamo a prenderci in giro. Un quadro fosco emerge senza ombra di dubbio dal Rapporto “Stop pesticidi nel piatto 2024” di Legambiente, un dossier realizzato in collaborazione con Alce Nero, azienda storica del biologico italiano. È un vero e proprio grido d’allarme: il 41% dei cibi presenta residui di pesticidi. Ne escono male frutta e verdura, cereali integrali e vino. Bene l’olio extravergine d’oliva: molti campioni analizzati non ne contengono. La frutta è l’alimento in cui si trova la concentrazione più elevata di residui di pesticidi. Nel Rapporto, però, non mancano segnali incoraggianti che fanno virare la situazione dal serio al non grave, perché i dati sono migliori rispetto agli anni precedenti e ci sono speranze di cambiamento.
Anche qui vengono in aiuto i numeri forniti dall’indagine. Una delle risposte possibili all’allarme relativo all’uso dei fitofarmaci e alla necessità di ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura è senza ombra di dubbio l’agricoltura biologica. E sì, visto che si tratta di un modello virtuoso di transizione ecologica per le filiere produttive. Non a caso i residui nei prodotti biologici sono pochissimi (7% dei campioni analizzati) e dovuti quasi sicuramente alla contaminazione accidentale.
E qui torniamo al solito discorso. Il bio è un modello vincente, è in costante crescita e sarebbe un bollino di qualità non indifferente per il miele e gli altri prodotti dell’alveare. Le api non morirebbero così vistosamente perché le fioriture non sarebbero un ricettacolo di veleni tossici. Non c’è dubbio che sia un approccio formidabile per la Campagna informativa che stiamo conducendo sul Miele Italiano. Un altro dato con cui confrontarsi riguarda il sequestro di pesticidi illegali. Quelli sequestrati in Europa nel 2023 sono quasi raddoppiati. Simo a 2.040 tonnellate di veleni fuorilegge intercettati dall’Europol, grazie all’operazione “Silver Axe”, sviluppata in Italia dai Carabinieri forestali. Impressionante l’escalation rispetto alla prima operazione fatta nel 2015, quando i sequestri dei pesticidi messi al bando in Europa per la loro pericolosità per la salute erano stati pari a 190 tonnellate. E continuiamo a porci interrogativi sull’elevata mortalità delle api?
E veniamo al secondo Rapporto, che fa dell’Italia il Paese delle emergenze. E non si tratta di fantasie frutto del fanatismo degli ambientalisti di casa nostra. E non mancano gli esempi. In occasione dell’avvio della Campagna itinerante “Città 2030”, Legambiente ha reso noti i dati di bilancio 2024 di “Mal’Aria di città” sull’inquinamento atmosferico nei capoluoghi di provincia.
Non c’è da stare allegri. Nel 2024, 50 centraline, in 25 città su 98, hanno superato i limiti giornalieri di Pm10. Il primato se lo assicura Frosinone (Scalo) con 70 sforamenti e Milano (Marche) con 68 giorni di sforamenti, seguite da Verona (Borgo Milano) con 66 e Vicenza (San Felice) 64. Sforamenti registrati in diverse centraline nella stessa città, evidente dimostrazione di un problema diffuso e strutturale in molte aree urbane.
Rispetto ai nuovi target europei previsti al 2030, situazione ancora più critica: sarebbero fuorilegge il 71% delle città per il PM10 e il 45% per l’NO2.
Legambiente: “Il 2030 è alle porte, servono scelte coraggiose ora. È fondamentale investire nella mobilità sosteni-bile, potenziando il trasporto pubblico e rendendo le città più vivibili, con spazi pedonali e ciclabili. Urgente anche intervenire su riscaldamento domestico e agricoltura, riducendo l’impatto degli allevamenti intensivi e integrando le politiche su clima, energia e qualità dell’aria”.
È chiaro che date queste condizioni il futuro di Api e Miele diventa infernale.
È il momento di cambiare.

Massimo Ilari


Illustrazione: dettaglio opera di EMEK pubblicata su Apinsieme 2025-01, articolo “Api in pericolo” di Barbattini pag. 27

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