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L’editoriale di Aprile 2024: In nome del “Fatto in Italia”

È giunto il momento di dire basta all’invasione di prodotti agricoli esteri e altro… in Italia. Importazioni che danneggiano l’economia degli agricoltori e degli apicoltori, i più colpiti da una concorrenza che il più delle volte risulta sleale. Il Miele Italiano è penalizzato oltre misura, nell’indifferenza generale. Ci si continua a gingillare su quanto sia meravigliosa l’ape, quanto siano meravigliosi e di qualità i prodotti agricoli italiani e poi si fa poco o niente per tutelarli. Tanto per continuare a non fare nulla, l’Italia celebra l’eccellenza del suo saper fare con la nascita della Giornata Nazionale del Made in Italy. Istituita a fine dello scorso dicembre con una legge quadro dedicata. La giornata verrà celebrata ogni anno il 15 aprile, giorno della nascita di Leonardo da Vinci, simbolo del genio e della creatività italiana (leggo dalla rete). E che c’entra allora “Made in Italy?”. Qui già iniziamo male: si parla di “Made in Italy” per caratterizzare il prodotto “Fatto in Italia”. E non si venga a parlare dell’importanza della lingua inglese ai giorni nostri (il grande intellettuale torinese Guido Ceronetti, che della difesa dell’italiano ha fatto una grande battaglia, se fosse ancora tra noi inorridirebbe). Ma del “Fatto in Italia” agli abitanti del belpaese interessa qualcosa? Vediamo.

Oltre otto italiani su 10 (83%) chiedono il blocco alle importazioni di prodotti agroalimentari che non rispettano le stesse regole di quelli italiani in materia di sicurezza alimentare, ambientale e di tutela del lavoro. Chi lo afferma? È emerso da un’indagine Coldiretti/Ixè diffusa al valico del Brennero, con diecimila agricoltori, che nei primi di aprile sono arrivati alle frontiere per difendere la salute dei cittadini e il reddito delle aziende dall’invasione di cibo straniero che finisce spesso sulle tavole spacciato come italiano. FederBio, Legambiente e Slow Food Italia hanno scelto di partecipare insieme alla manifestazione, organizzata da Coldiretti, condividendone gli obiettivi, Per l’occasione, è stata avviata la raccolta di firme per una legge europea di iniziativa popolare sull’obbligo di etichettatura dell’origine di tutti i prodotti in commercio, Coldiretti e gli altri aderenti puntano a smascherare il fenomeno degli alimenti importati e camuffati come italiani grazie a minime lavorazioni, rivedendo il criterio dell’ultima trasformazione sostanziale. Gli obiettivi? Tra i tanti anche quello di mettere finalmente in trasparenza tutti quei prodotti che sono ancora oggi anonimi e che rappresentano circa un quinto della spesa degli italiani e includono alimenti simbolo a partire dal pane. Ma non vi indigna che su pagnotte e panini non ci sia l’obbligo di indicare l’origine del grano impiegato, come accade per la pasta? Stesso andante per tutti i derivati come biscotti, fette biscottate crackers e simili.

Del tutto anonimi anche i legumi in scatola, magari venduti in confezione con colori o segni che richiamano l’italianità. Così come le confetture di frutta o di verdura trasformata, come marmellate e sottoli.

Niente etichetta d’origine anche per ortaggi e frutta di IV Gamma e noci e pistacchi sgusciati, per i quali dovrebbe però aprirsi uno spiraglio dal prossimo anno, né per carne di coniglio e di cavallo. Restano inoltre completamente anonime le portate sui menu dei ristoranti. Dunque è obbligatoria una maggiore trasparenza e una riconversione del Sistema, tema su cui si batte Greenpeace Italia. E sì, è urgente una riconversione del sistema attraverso degli accordi internazionali sottoscritti dal nostro Paese per il raggiungimento dei target in materia di inquinamento ambientale: tra questi, la Direttiva NEC che impegna l’Italia a diminuire, a partire dal 2030, le emissioni di ammoniaca del 16% e quelle di PM2,5 del 40% rispetto ai livelli del 2005; la Direttiva Nitrati, per il cui mancato rispetto è in corso una procedura d’infrazione a carico del nostro Paese con il rischio di pesanti sanzioni da parte della Corte di Giustizia europea. All’inquinamento da nitrati, data l’alta solubilità in acqua di questi composti azotati, è strettamente legato anche il rispetto della Direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE), secondo la quale gli Stati membri avrebbero dovuto raggiungere il “buono” stato ecologico delle acque, superficiali e sotterranee entro il 2015, scadenza poi rinviata al 2027. Se non andranno in porto questi accordi si dovrà celebrare il “De profundis” dell’Ape.

Apinsieme
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